Le menzogne sull’Iraq
La “cittadina” Emanuela Corda, deputata del Movimento 5 Stelle, ha lanciato il sasso e si è scusata, dopo aver sollevato un polverone incredibile nelle lontane sabbie dell’Iraq. A dieci anni dalla strage di Nassiriya, non ha semplicemente compianto le vittime italiane e irachene dell’attentato, ma ha definito “vittima” anche l’attentatore marocchino, terrorista suicida. Vittima dell’ideologia islamista, che lo ha trasformato in un uomo-bomba. Vittima della sua presunta povertà, che lo avrebbe spinto a compiere un gesto estremo. Vittima dell’ingenuità e dei soldi, cioè della convinzione che la sua famiglia sarebbe stata risarcita e dunque destinata a vivere un’esistenza migliore dopo il suo “martirio”.
Il discorso della Corda è stato immediatamente bollato come apologia del terrorismo. Quando i morti li subisci, nell’immaginario collettivo il kamikaze lo vedi per quel che è veramente: prima di tutto un assassino. Che poi nell’assassinio muoia anche lui, importa molto meno. Dunque le parole della Corda hanno fatto scandalo, giustamente e comprensibilmente. Contestate dai grandi quotidiani, dagli altri partiti, dal ministro della Difesa, Mario Mauro, e da altri membri del suo stesso movimento, la deputata grillina ha fatto una parziale marcia indietro.
“Non ho fatto l’elogio del kamikaze ma, al contrario, ho denunciato l’orribile ideologia che, sfruttando la disperazione e l’ignoranza, lo ha portato a trasformarsi in una bomba umana – ha tenuto a precisare – Se le mie parole hanno soltanto minimamente offeso i familiari delle vittime di Nassiriya chiedo scusa a loro perché questo non era in modo alcuno mia intenzione”. Però… “insieme agli altri miei colleghi in Commissione Difesa, sappiamo distinguere molto bene chi, come i nostri militari, ha assolto fino al supremo sacrificio al proprio dovere e chi, invece, dal Governo e dal Parlamento ha la responsabilità di aver portato l’Italia in Iraq in una guerra illegittima e crudele che ha amplificato le sofferenze di quel popolo”. Ecco il punto.
Poco importa la distinzione fra carnefice e vittime, perché se la guerra viene considerata ingiusta, “crudele e illegittima”, il carnefice marocchino è automaticamente giustificato. Se dalla parte sbagliata ci siamo noi, giocoforza dalla parte giusta si trova l’attentatore, l’assassino dei carabinieri italiani di Nassiriya. “Lo dico sommessamente: in un Paese normale a fare scandalo dovrebbero essere le lacrime del ministro della Difesa dell’epoca (Antonio Martino, oggi deputato, ndr), versate ieri in Parlamento, per aver portato l’Italia in guerra in base ad una menzogna, l’esistenza di armi di sterminio di massa, e dal quale ancora non abbiamo sentito le scuse.
Tali scuse sarebbero invece doverose sia nei confronti dei nostri militari che ci hanno lasciato la pelle sia nei confronti del popolo iracheno che continua ancora oggi a versare sangue innocente”. Questa visione della guerra irachena, condivisa da destra e sinistra, fa perdere completamente ogni onore alle vittime italiane di quel conflitto. Se un soldato viene spedito a combattere la causa sbagliata, è un aggressore. Se viene ucciso, al massimo, è vittima dei suoi comandanti e del suo governo, non di chi si sta “legittimamente” difendendo.
A questo punto i martiri di Nassiriya, a cui tante strade e piazze sono dedicate in Italia, diverrebbero i “poveri aggressori dell’Iraq”, rimasti vittime di un errore. Non li si dovrebbe neppure celebrare, ma al massimo ricordare, così come si ricordano, nell’imbarazzo generale, i caduti della Repubblica Sociale Italiana. Ma i caduti italiani della guerra in Iraq meritano questa memoria infame? No, se troviamo finalmente il coraggio di dire che in Iraq abbiamo combattuto una guerra giusta. Se diciamo che il nostro contingente ha contribuito a ripristinare l’ordine in un Paese sconvolto, prima ancora che dalla guerra, da quasi mezzo secolo di brutale dittatura del Partito Baath. Onoreremmo i martiri di Nassiriya se ricordassimo, con lucidità e senza retorica, che i nostri uomini hanno contribuito a combattere la lunga guerra contro il terrorismo islamico sul fronte iracheno.
Il mancato ritrovamento delle armi chimiche di Saddam è un fragile alibi per i pacifisti: in Iraq c’era una dittatura ostile e ora non c’è più, c’era un grande nido di vespe del terrorismo jihadista e noi abbiamo contribuito a combatterlo, con qualche successo e tante frustrazioni, ma dalla parte giusta. Quanti condividono queste motivazioni alzino la mano. Scommettiamo che, in Parlamento, di mani se ne alzerebbero pochine, quasi nessuna, anche a destra, anche fra gli esponenti del governo. Perché ormai i media e gli ambienti accademici, dal 2003 ad oggi, ci hanno fatto il lavaggio del cervello, inculcandoci, a forza di ripeterlo, che l’Iraq fu una guerra ingiusta, sbagliata, nata sulla menzogna. E allora ci meritiamo una Corda, che tutto sommato dichiara quel che i suoi onorevoli colleghi pensano, ma non osano dire. Con buona pace dei caduti in terra irachena.