Lo stato dell’Unione elisabettiana
Domani la regina Elisabetta si rivolgerà al parlamento britannico per l’ultimo Queen’s Speech di questa legislatura, che terminerà con le General Elections in programma il prossimo maggio. Il sovrano, di fronte ai membri della House of Commons e dei Lords, enuncerà le prossime misure che intenderà prendere il governo in carica guidato da David Cameron con i Libdems, mettendo nuovamente mano alla spesa statale – soprattutto per ciò che riguarda la sanità e l’amministrazione pubblica -, all’immigrazione – tentando di scoraggiare il flusso migratorio e impedendo ai cittadini europei di sostare per più di sei mesi senza lavoro sull’isola -, ai benefici per le famiglie e introducendo nuove misure a favore dei gestori dei pub che appartengono a grandi compagnie – una legge voluta dai liberaldemocratici.
Gli esiti delle Europee sono giunti da poco più di una settimana, l’exploit dello UKIP di Nigel Farage era stato preventivato, ma sulla base delle proiezioni effettuate dagli istituti di ricerca e dalle testate nazionali anche nel 2015 si potrebbe palesare un hung Parliament, senza una maggioranza assoluta da parte di uno dei due partiti maggiori: i laburisti nei sondaggi sono quotati sempre in vantaggio sui conservatori, ma con scarse possibilità di assicurarsi tutti i seggi necessari per avviare un nuovo esecutivo. Nick Clegg di settimana in settimana tocca i minimi storici per i Libdems e gli strateghi di Westminster sono dunque al lavoro per provare a mettere ordine. Tra i leader, Cameron è tuttavia quello che gode di maggiore credibilità, mentre il giudizio sull’operato di Ed Miliband è considerato negativo nel 68% dei casi (rilevazione YouGov del 22-29 maggio).
L’opinione pubblica è interessata molto all’andamento del mercato immobiliare, mettendo in preventivo una caduta dei prezzi delle abitazioni: a metà maggio Mark Carney, governatore della Bank of England, aveva denunciato “profondi problemi strutturali” nel settore, aggiungendo che l’aumento esponenziale del prezzo delle case rappresenta una mina vagante nella ripresa economica del paese, mentre a Londra nel solo mese di aprile si era registrata un’impennata del 4,2%, addirittura del 16% nel corso di un anno. Poche nuove case, cifre alle stelle per quelle più vecchie. La preoccupazione sullo stato in generale dell’economia resta alto: a gennaio, sempre secondo YouGov, il 64% degli intervistati si dichiarava “worried” nel valutare i prossimi due o tre anni, percentuale che aveva raggiunto un picco a febbraio (67%) e che al momento si muove tra il 61 e il 58%.
Battaglia più serrata attorno al referendum sull’Unione europea che Cameron ha promesso di tenere nel caso di una riconferma a Downing Street. A fine maggio il 41% dei britannici ha affermato di voler restare nell’Unione, il 39% si è espresso in modo opposto, un corposo 15% ancora non si è fatto un’idea chiara. Piuttosto, nel caso la Scozia a settembre votasse per l’indipendenza, sei stati approverebbero un ingresso della nuova nazione nell’Ue (tra i quali la Gran Bretagna stessa).
Le probabilità che la Caledonia vada per conto suo, ponendo fine allo United Kingdom? Riassumendo gli ultimi esiti dei sondaggi, i no sono sempre al comando: Ipsos ad inizio mese li dà al 52%, con un vantaggio di 18 lunghezze sui pareri favorevoli e un 13% di indecisi. Alla fine del 2013, il margine era più labile, a causa soprattutto dell’ultima categoria, quelli ancora senza una posizione decisa, che era data addirittua al 33%. I rilievi effettuati da primavera ad ora indicano invece un trend più stabile, con l’unica eccezione data dal centro di ricerca TNS che ancora ai primi di maggio dava gli indecisi al 28%, i no al 42 e i sì al 30.
Lo stato dell’Unione è anche questo, in attesa dei dibattiti sulla nazionale inglese ai Mondiali in Brasile.