Sdoganator

Anno Domini 1993. E’ l’anno zero della destra italiana. Silvio Berlusconi annuncia urbi et orbi di sostenere Gianfranco Fini nella corsa a Sindaco di Roma contro Francesco Rutelli. Passerà alla storia come lo sdoganamento. Al  delfino di Almirante non andrà mai giù. “Si sdoganano le merci, non le idee” dirà più volte in seguito. Ma tant’è. Sei anni dopo, nel 1999, Fini prova il salto decisivo verso la totale accettazione nell’agone politico. Accordo alle Europee con Mariotto Segni e sogni di partito moderato che parla agli italiani. Un mezzo disastro. Gianfranco non si ferma, macina chilometri politici ed esperienze, giravolte ed incarichi.  Quando Silvio Berlusconi vuole sacrificare le storie di Forza Italia e An sull’altare del partito unico del centrodestra, Fini non ci sta e lo manda a quel paese. Ci ripensa, qualche mese dopo, ma è chiaro che tutti hanno negli occhi la pantomima delle “comiche finali” e cancellarla non sarà facile. Berlusconi se lo prende  sotto braccio e lo incorona in pubblica piazza suo successore. E’ il secondo sdoganamento, con questo entra nel Pdl e dritto dritto nel Partito Popolare Europeo da cui fino a quel giorno non era così ben visto. Adesso arriva Mirabello. Fini prova la fuga solitaria, magari rompendo definitivamente con l’amato/odiato alleato e lasciandosi alle spalle un decennio e mezzo di battaglie comuni.  Non se ne accorge, ma anche questa volta è Berlusconi a sdoganarlo. Il riflesso pavloviano sviluppato in questi mesi per ogni presa di posizione del Premier diventa il lasciapassare con cui Fini sarà accettato al gran tavolo del Comitato di Liberazione Nazionale.

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