Agenda Molise

Non conta niente, vale come un quartiere di Milano, non ha significato politico, nessuno sa quale sia il capoluogo del Molise e stiamo parlando di una delle poche regioni meno conosciute del mio Friuli Venezia Giulia. Fatte le debite premesse e ricordato che ad aver affibiato un valore politico a queste regionali molisane è stato quell’astuto stratega che si chiama Pierluigi Bersani, va detto che, al netto di tutti i “se” e i “ma”, la sfida Iorio-Frattura qualcosa può insegnare.

Primo: è finito il tempo dell’autosufficienza dell’asse Pdl-Lega. Un allargamento al centro, sostanziale e non di facciata, si rende necessario. Occorre studiare il “come” di questa integrazione ma è evidente a tutti che il centrodestra non può risolversi tutto nel Pdl (sarebbe stato molto bello) al centro-sud e con l’aggiunta della Lega sopra il Po.

Secondo: le terze vie (centrista, grillina, destrasocialisteggiante) non pagano e sono un suicidio politico. Con i voti del Movimento Cinque Stelle – o meglio: con un quarto dei voti grillini – il centrosinistra avrebbe vinto. Dividersi paga molto poco e anche qui un bipolarismo moderno deve chiedersi come aggregare senza far diventare tutto un cartello elettorale e quali strumenti utilizzare per “pesare” le varie anime e i vari partiti.

Terzo: il Pd è il vero sconfitto. Con una vittoria in Molise ci saremo ritrovati le case invase di “il governo è finito” e di editoriali di Eugenio Scalfari sull’imminente (da 15 anni) crollo del berlusconismo. Non sono riusciti a vincere nemmeno pescando un candidato di centrodestra. Colpa certamente dei grillini ma colpa anche e soprattutto del Partito Democratico che da riferimento della coalizione non arriva al 10%.

Quarto: i candidati sono importanti ed è importante sceglierli bene. Iorio prende il 6-7% in meno delle liste che lo sostengono, Frattura il 7-8% in più. Stavolta al centrodestra è andata bene ma non potrà essere sempre così. La prossima volta, evitando di farsi male, facciamo le primarie.

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