Prezzo Fisso

Adesso lo sa anche Mario Monti che quando si è presidente del Consiglio c’è un prezzo che va pagato, per quanto si appartenga alla categoria dei tecnici che a differenza dei politici non devono rispondere all’elettorato – il premier lo aveva affermato nel salotto televisivo di Bruna Vespa. Mentre i giornali ci informavano che il gradimento dell’opinione pubblica nei suoi riguardi aumentava di settimana in settimana, il professor Monti ospite a Matrix si è gettato sul tema del lavoro e preso di mira il culto del posto fisso: “Diciamo anche che è monotonia averlo per tutta la vita. È bello cambiare”. Non occorrono particolari rilevazioni statistiche per presumere che la percentuale di consensi nel frattempo sia calata.

Il dibattito innescato non ha ovviamente tenuto conto del resto dell’intervento del professore, che bisogna colmare il divario che “esiste fra chi è già nel mercato del lavoro e chi non lo è, fra chi è dentro e chi è fuori”. Una sottolineatura importante, se si volesse ragionare con calma e in modo approfondito. Quando il tema venne sollevato ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi (si capirà subito perché ne parliamo come se fosse passata un’eternità) e la sinistra mostrò i forconi per protestare, da destra ribatterono: “Io non voglio il posto fisso, io voglio guadagnare”, riprendendo l’idea promossa da Piercamillo Falasca e altri via Facebook. A distanza di (poco) tempo, tutto tace – eccezion fatta per l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. È davvero trascorsa un’eternità.

Monti è come Michel Martone: gente abituata a dialogare tra simili, tra cosiddetti elitari che si capiscono al volo quando si muovono in gruppo, ma non hanno idea di come ci si debba rivolgere alla maggioranza della gente. Entrambi hanno espresso opinioni condivisibili, ma nel peggiore dei modi: forse ai loro accademici curriculum vitae manca un corso in comunicazione politica. Chi ha un posto fisso se lo tenga stretto, perché è un’utopia alle condizioni attuali: la realtà è talmente sotto gli occhi di tutti che invece di progettare il futuro, si rivendica un passato tramontato. Precariato, assenze di garanzie, disagio sociale, preoccupazioni: la lista potrebbe continuare all’infinito, a chiamare qualcuno della Fiom e della Cgil c’è da scommetterci che per l’occasione conierebbe un termine nuovo di zecca.

Il posto fisso sarà monotono, sarà sicuramente bello cambiare sulla spinta di sfide avvincenti e predisposizioni naturali a migliorare e migliorarsi (mettendo in conto i rischi o non sarebbero sfide, va da sé), ma sentirselo dire da un presidente del Consiglio che ha studiato una manovra recessiva per l’Italia suona strano. Perché è molto più monotono e noioso fare i conti con un’economia ferma e incapace di generare posti di lavoro. Per cambiare, occorrono le alternative. La disoccupazione è ben peggio del posto fisso – che ormai spetta solo a Casti & Monti, copyright Abr.

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