Per fatto personale

Stavolta scriviamo proprio per fatto personale.

Fatto numero 1. Era il 2010 quando Vittorio Macioce, giornalista del Giornale veniva denunciato dal ministero della Pari Opportunità, insultato dai benpensanti politicamente corretti e “processato” dall’ordine dei giornalisti per aver usato la parola “negri” in un articolo. Anzi in un titolo. Poco importava che Vittorio denunciasse il disinteresse e anzi l’ostilità dei sindacati nei confronti dei lavoratori di colore in sciopero. Poco importava che citasse “The invisible man” di Ralph Ellison, uno dei più grandi romanzi anti razzisti americani. Il problema è che aveva usato la parola “negri”. E dunque era razzista. Punto e basta. Anzi. Palate di merda e punto.

Fatto numero 2. Qualche giorno fa, Jay Nordlinger, giornalista della National Review, scrive un post su The Corner, il blog del giornale. Usa la parola “wetback”, che indica i messicani entrati illegalmente in Usa, col “culo bagnato” per aver atttraversato il Rio Grande. E’ slang, si dice, ma non si scrive. E’ maleducato. Ma come era accaduto per Macioce, anche in questo caso Nordlinger lo utilizza non per dare un suo giudizio ma per rendere l’idea del sentimento di una parte dell’elettorato conservatore. L’articolo censura i conservatori, non i messicani. Ma poco importa. Jay ha usato “la parolaccia”. E perciò da due giorni viene crocifisso su blog, social network, twitter.

Ed ecco il fatto personale. Noi li conosciamo entrambi. Sappiamo quanto lontano sia il razzismo dalla loro visione del mondo.  Quanto ingiusti, insensati e ipocriti siano quegli attacchi. Ma è una maledetta abitudine, il riflesso condizionato di una tremenda povertà di spirito: accomuna il politicamente corretto d’Italia e d’America. Che sarà forse corretto, ma che di certo è vigliacco.

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