Ravens in the night
Doveva essere una Finale dura, equilibrata, sul filo del rasoio. Gli attacchi delle contendenti erano sullo stesso livello, le difese rappresentavano la sottile linea rossa tra vittoria e sconfitta, trofeo ed oblio, coriandoli o polvere. Due minuti alla fine del SuperBowl, San Francisco, sotto nel punteggio 29-34, è a cinque misere yards dal realizzare il touchdown del sorpasso, e quindi della vittoria.
Il momentum è dalla parte dei californiani, autori di una rimonta clamorosa nel secondo tempo, iniziata casualmente, o forse no, dopo che le luci artificiali avevano illuminato nuovamente un SuperDome rimasto incredibilmente al buio per oltre mezz’ora. Il copione pareva già scritto, mancava solo il Td-pass o la corsa finale e Colin Kaepernick avrebbe avuto il suo posto tra i grandi del football americano. Il ragazzo del Wisconsin, però, non aveva fatto i conti con la difesa dei Baltimore Ravens, capace di dimenticare errori e orrori che avevano caratterizzato la rimonta di San Francisco, facendo terminare il drive avversario con un nulla di fatto e consentendo, di fatto, che il Vince Lombardi Trophy prendesse la via verso il Maryland.
Sarebbe riduttivo però ridurre la storia di questa finale a questi ultimi, palpitanti minuti: Baltimore ha senza dubbio meritato la vittoria, giocando i primi due quarti in modo straordinario e garantendosi in questo modo un tesoretto di punti risultato decisivo ai fini del successo finale. Condotti esemplarmente da Flacco (mvp della partita), con tre touchdown nei primi due quarti i Ravens hanno annichilito la difesa di San Francisco, incapace di opporre un’efficace resistenza e anzi colpevole di far volare numerosi fazzoletti gialli nel corso delle azioni avversarie; aggiungete a tutto questo un intercetto subito da Kaepernick e un terribile fumble del rookie Almichael James e avrete ottenuto un quadro piuttosto esauriente del vantaggio di 21-6 con cui i Ravens hanno chiuso la prima metà di gara.
L’incubo dei californiani non era però concluso: inizio del terzo quarto, i 49’ers calciano e il ritornatore Jacoby Jones realizza il più lungo Td-return nella storia del Superbowl, con una corsa di 108 yards che si conclude nella end-zone di San Francisco e fissava il punteggio sul 28-6, un divario che ai più, sottoscritto compreso, sembrava incolmabile. Sembrava, appunto. Succede infatti che un black-out fa spegnere la metà circa dei fari di illuminazione del SuperDome, rendendo impossibile il regolare proseguimento della partita: mentre i tecnici si affannano per riparare al più presto il guasto tecnico (qualche testa virtualmente rotolerà per questo inconveniente, ne sono certo), i San Francisco 49’ers miracolosamente risorgono, guidati da un Kaepernick che, tolto il gorilla dalla spalla, fa girare l’attacco alla sua maniera, in maniera imprevedibile e spettacolare: td-pass per Crabtree, field-goal e touchdown dello stesso QB californiano portano il punteggio sul 28-20 Ravens.
Contemporaneamente l’attacco di Baltimore comincia a balbettare, rimanendo all’asciutto per tutto il resto del quarto e riuscendo a portarsi in raggio da field-goal solo all’inizio dell’ultima frazione, portandosi così sul 31-23. Ormai però San Francisco viaggia sulle ali dell’entusiasmo e in breve realizza un’altra marcatura, fissando il punteggio sul 29-31, dato che i 49’ers tentano senza costrutto un’addizionale da due punti. La palla torna all’attacco dei Ravens, che con un altro calcio ristabiliscono le distanze: 34-29. Dopo un drive infruttuoso dei 49’ers, la palla torna a Baltimore, ma un altro fumble consegna la palla a San Francisco in pieno territorio Ravens a pochi minuti dallo scadere: il resto è storia, con Ray Lewis e soci che resistono eroicamente per tutti e quattro i tentativi, anche se sull’ultimo lancio una (possibile) non chiamata per una trattenuta su Crabtree fa infuriare Jim Harbaugh.
A vincere quello che resterà negli annali come “the HarBowl” è invece il fratello maggiore John, con una squadra molto solida che però non accendeva le fantasie degli analisti: si pensava che Baltimore potesse accedere alle wild-card ma nulla più. Paradossalmente, invece, il Superbowl sembrava l’impresa meno proibitiva per questi Ravens, che erano stati capaci di andare a vincere in trasferta sia a Denver che a Boston. Per una difesa che ha avuto la meglio su Manning e Brady, che minaccia può rappresentare il pur eccellente Kaepernick?
Ora invece Baltimora si ritrova campione, con un QB consacrato nell’elite della NFL e un attacco giovane e affidabile. In difesa, invece, il ritiro di Ray Lewis aprirà una voragine in termini tecnici ma soprattutto in termini di leadership e carisma, perchè un uomo perennemente in missione come Lewis, capace di coinvolgere in maniera così profonda un’intera franchigia rappresenta merce introvabile più che preziosa.. Vederlo piangere in diretta nazionale dopo l’affermazione a Denver, oppure dichiarare convinto che Dio era con lui durante i playoffs è stata una scarica di adrenalina per chi vi scrive, figurarsi per un compagno di squadra.
E San Francisco? I 49’ers hanno perso il primo SuperBowl della loro gloriosa storia (ora sono 5-1), ma sono andati veramente a un passo dalla vittoria. La squadra è giovane nei suoi elementi cardine, molto ben allenata ma ha difettato di esperienza: sia ad Atlanta nel Championship che a New Orleans è dovuta andare sotto pesantemente nel punteggio prima di liberarsi dalle farfalle nello stomaco. Se contro i Falcons la rimonta era riuscita, domenica non è andata così.. ma il futuro sembra sorridere ai californiani, e a mio parere non manca molto a una nuova parata dalle parti del Golden Gate.
Chiudiamo con l’half-time show di Beyonce: brava, bella, succintamente vestita ma (forse) in playback per una o due canzoni..diciamo che si è lasciata guardare più che ascoltare. Nota di merito infine per l’inno cantato da Alicia Keys: una performance davvero eccellente, così come “America the Beautiful” cantata dal coro della scuola elementare di Newtown, Connecticut.