Lo scandalo Irs peggio del DataGate

DataGate, ormai è diventato un incidente diplomatico. Non è uno scandalo limitato ai soli Stati Uniti, ma si estende anche ai Paesi europei spiati a loro insaputa. Ma quanto è pericoloso per la privacy il sistema Prism per la sorveglianza informatica usato dalla National Security Agency (Nsa)? E quanti danni politici potrebbe creare agli Stati Uniti? L’Opinione ne ha discusso con Howard Segermark, veterano della politica conservatrice, già collaboratore dell’economista Arthur Laffer (famoso per la sua “curva” della pressione fiscale), “lobbista” di professione (fondatore della Segermark Associates) e attualmente a Milano per una conferenza al Columbia Institute di cui è membro del Board of Advisors.

La prima cosa che notiamo è che negli Usa sia i Repubblicani che i Democratici sembrano difendere Prism…

In realtà nessuno dei due partiti è compatto al suo interno, su questa vicenda. I Democratici più attenti ai diritti civili e i libertari del Partito Repubblicano sono molto critici. Credo che, comunque, alla base dello scandalo vi siano un po’ di fraintendimenti su quel che l’Nsa stava facendo.

In che senso?

Io ho diretto una compagnia commerciale che rappresentava gli interessi di compagnie di telecomunicazioni. E dunque so che il tipo dei dati raccolti dalla Nsa, chiamati “registro dei dettagli di chiamata” (includono il numero di chi chiama, il tempo di chiamata e il numero di chi riceve), non è una novità. La Nsa non è mai stata in grado, e non lo è nemmeno adesso, di collezionare i dati delle chiamate effettuate con le carte pre-pagate. Se si chiama con una carta pre-pagata la Nsa non è in grado di incrociare i dati del chiamante e del chiamato. Ma dico di più: collezionare questo tipo di dati aiuta veramente l’intelligence? Ricordo che il 7 settembre 2001, uno dei miei collaboratori, che si stava specializzando nelle carte pre-pagate degli Stati del Golfo Persico, aveva notato un incredibile aumento del traffico in quelle aree, il doppio rispetto al normale. Il volume triplicò addirittura il 10 settembre. E praticamente si azzerò l’11 settembre, il giorno dell’attacco. Era un fenomeno impossibile da ignorare, esistevano già dei computer in grado di monitorarlo: di fatto era un traffico di comunicazioni internazionali. Ma non era possibile far qualcosa, perché non si poteva sapere che cosa si stessero dicendo in tutte quelle chiamate, né ricavare dati utili.

Ma allora se non è uno strumento utile all’intelligence perché violare la privacy?

Io non parlerei di violazione di privacy, prima di tutto. Secondo la legge degli Stati Uniti, i dati di cui stiamo parlando non appartengono all’abbonato, ma alla compagnia telefonica. La compagnia può venderli anche al McDonald’s per motivi pubblicitari, se ritiene che rientri nei suoi interessi.

Ma allora cosa pensa della campagna montata dai libertari interni al Partito Repubblicano contro lo spionaggio interno?

Politiche di questo tipo sono lame a doppio taglio. Una critica generica all’abuso di potere del governo, anche in una materia nebulosa come quella dei registri dei dettagli di chiamata, può creare effetti controproducenti. Anche a danno di altre battaglie a protezione della privacy molto più giustificate. Io credo che il senatore Rand Paul sia destinato a perdere questa battaglia. Per i motivi che ho detto prima, perché non è una violazione della privacy, perché si tratta di un dibattito su cui sono state spese molte energie da tanto tempo, su cui i tribunali hanno già sentenziato più volte. E ci sono esempi molto chiari: l’11 settembre 2001 ci ha mostrato che una terribile perdita di vite umane avrebbe potuto essere prevenuta con un controllo più attento.

Contemporaneamente allo scandalo DataGate, però, abbiamo visto anche un altro caso di “spionaggio interno”: il super-controllo esercitato sui membri dei Tea Party da parte dell’agenzia delle entrate americana (Irs). Cosa ne pensa?

Quel che è accaduto, stando a ciò che sappiamo finora, non è necessariamente stato ordinato dalla Casa Bianca, in modo esplicito e diretto. Ma è stato certamente voluto e chiesto indirettamente dalla Casa Bianca. L’Irs ha trattato con criteri diversi e discriminatori varie associazioni che chiedevano esenzioni fiscali, di cui avevano pieno diritto. Tutti i gruppi conservatori che avevano “Patriota” nel loro nome subivano un trattamento speciale. “Solo i conservatori sono patrioti?” recita una barzelletta di questi giorni. Erano inseriti in un binario morto e sottoposti a richieste extra di informazioni. Informazioni che è illegale chiedere. E che è illegale fornire, perché (quelle sì) sono personali e comportano una grave violazione della privacy.

Ci sono gli estremi per un impeachment?

È certamente uno scandalo che può crescere a dismisura. Qui parliamo di reati che vanno ben oltre quelli che hanno portato all’impeachment del presidente Andrew Johnson (1868), tanto per fare un esempio.

 

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