Il G20 di Equitalia

Il G20 si sta trasformando in una sorta di “Consiglio di Sicurezza” allargato. E la domanda fondamentale è una: come faranno i grandi Stati a recuperare soldi in tempo di crisi? È facile farsi distrarre dal contorno. C’è la crisi in Siria che rischia di internazionalizzarsi. Putin e Obama non si parlano (a causa della fuga in Russia di Edward Snowden, lo “spione” della National Security Agency) e dunque le grandi potenze parlano con i propri partner e alleati, per creare due fronti contrapposti e tentare le ultime mediazioni.

Ma questo è solo il contorno, appunto, non la portata principale. Il piatto centrale è la raccolta di soldi. La nuova grande depressione, iniziata nel 2008, sta mostrando il suo vero volto: è una crisi dello Stato, non della finanza. Non sono i privati che cercano di succhiare il sangue del contribuente, chiedendo aiuti ai loro governi. Da anni, ormai, sono questi ultimi che cercano, in tutti i modi, di tenere fermi sul loro suolo i loro cittadini e i loro capitali per tassarli e coprire le voragini dei debiti pubblici. Gli Stati Uniti sono i numeri uno, a questo punto, con un debito che veleggia (grazie alla spesa pubblica voluta da Obama) verso i 17mila miliardi di dollari, pari al 113% del Pil.

La Russia, virtuosissima, almeno da questo punto di vista (il debito pubblico è il 10% del Pil), rischia di avere un problema a causa della sua crescente spesa militare e della riduzione delle esportazioni di materie prime. La Cina, che pareva esente dal problema, è invece a rischio perché il ritmo della sua crescita sta calando: il suo debito è ora la metà del suo Pil e continua a crescere. L’India rischia di diventare la prossima grande bolla: corruzione, barriere doganali troppo esose e un sistema castale che mal si adatta alla competizione globale ne stanno minando la crescita. Il Brasile mostra le sue crepe: i disordini nelle sue città sono un primo sintomo grave del malessere. Anche qui: la spesa pubblica elefantiaca inizia a non essere sostenibile e il governo ricorre a tagli impopolari. Il Giappone ha il debito pubblico più alto del mondo industrializzato e non si capisce ancora per quale strana legge economica non sia ancora finito come la Grecia. L’Italia… vabbè, sappiamo già tutto.

In questo quadro desolante, come reagiscono gli Stati? Non certo mettendo mano alla scure e tagliando la spesa pubblica, né concordando un piano internazionale di riforme liberali. Sarebbe troppo “destabilizzante” (per le classi dirigenti, soprattutto). E allora? Mano al portafogli: dei cittadini. Lo scopo principale di questo G20, infatti, è quello di combattere l’evasione e l’elusione fiscale. Dietro queste etichette terrificanti, che fanno pensare al contrabbando e al riciclaggio di denaro sporco, si celano, in realtà, realtà molto più pacifiche: stimatissime e iper-produttive multinazionali che cercando di massimizzare i loro profitti. Grazie alla competizione fra differenti sistemi fiscali, le grandi aziende hanno potuto finora depositare i loro profitti lì dove sono meno tassati.

Nell’area Ue, Irlanda e Olanda, in particolare, sono le mete preferite. Per esempio, in quella che viene definita come la ricetta “Double Irish with Dutch Sandwich” le aziende girano i profitti a una filiale irlandese, che a sua volta li gira in Olanda (dove sono esentasse perché la legge nazionale non impone tributi sui profitti generati da una sussidiaria permanente), poi li girano ancora a una filiale irlandese basata in un paradiso fiscale. Grazie a questa ricetta, alcune multinazionali sono riuscite a non pagare tasse. Ma non è evasione. Non è riciclaggio di denaro sporco. È massimizzazione dei profitti, perfettamente conforme alle leggi.

Grazie a manovre di questo genere, aziende come Google, Amazon, Facebook e la Apple del venerato Steve Jobs, sono quel che sono. E ci permettono di navigare in Internet, comprare libri da tutto il mondo, comunicare con tutti in tempo reale. Gli Stati stanno decidendo di mettere mano al loro portafogli. Con quale impatto sull’economia reale, non è ancora dato saperlo. L’Olanda, spinta dagli altri grandi Stati, ha promesso di cambiare le leggi, a partire dagli accordi fiscali internazionali. Nel corso del G20, verranno adottate altre misure “punitive”. Magari nascerà un’Internazionale di Equitalia. In ogni caso: nessuno deve osare arricchirsi, all’infuori dello Stato.

Tratto da “L’Opinione delle Libertà” 

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