Dunque ci sono armi chimiche in Iraq…?
L’Isis, l’esercito jihadista che ha conquistato metà dell’Iraq e proclamato il suo califfato, ha anche occupato un sito di armi chimiche a Muthanna. Lo ha conquistato lo scorso 11 giugno, ma la conferma, da parte del governo iracheno, è arrivata solo ieri. Baghdad ha dichiarato all’Onu di non essere stata in grado di smantellare le sostanze tossiche (fra cui sarin e yprite) custodite nei bunker di Muthanna, ex centro di produzione di Saddam Hussein. La vera notizia, a questo punto, è: allora in Iraq c’erano e ci sono tuttora armi chimiche. Come mai, allora, si continua ad affermare che la guerra del 2003 fu voluta da George W. Bush dietro al “falso pretesto” delle armi chimiche di Saddam? Meglio fare un passo indietro e rivedere, brevemente, tutta la storia.
Il centro di produzione di Muthanna fu costruito per volontà di Saddam Hussein nei primi anni ’80, in piena guerra contro l’Iran. I gas prodotti in quel sito vennero usati al fronte contro i soldati iraniani e poi servirono a gassare la popolazione curda, per reprimere la ribellione nel Kurdistan iracheno. Quegli impianti lavorarono a pieno regime fino allo scoppio della guerra in Kuwait nel 1990. Nel 1991, quando combatté contro la coalizione a guida statunitense nella Guerra del Golfo, Saddam Hussein decise di non impiegarle per paura di una rappresaglia massiccia, probabilmente anche nucleare. Ma la loro minaccia rimase latente per tutto il conflitto: turchi e israeliani dovettero attrezzare le loro popolazioni per proteggerle da eventuali bombardamenti non convenzionali. Maschere anti-gas, barriere di plastica per porte e finestre, equipaggiamenti Nbc divennero parte del paesaggio abituale nell’inverno del 1991. Quando la guerra finì con un armistizio nel marzo del 1991, la clausola militare fondamentale prevedeva lo smantellamento di tutto l’arsenale chimico di Saddam Hussein, sotto osservazione di ispettori dell’Onu. Saddam combatté una breve e violenta guerra civile contro curdi e sciiti immediatamente dopo il conflitto, ma non usò più armi di distruzione di massa. Gli ispettori dell’Onu poterono fare il loro lavoro, fra mille difficoltà e ostacoli, fino al 1998, dopodiché Saddam decise di espellerli. Scoppiò una grave crisi internazionale, gli Stati Uniti condussero una breve campagna di bombardamenti aerei sull’Iraq, poi però non si arrivò al conflitto. In compenso, delle armi chimiche si perse ogni traccia: c’erano ancora?
Il problema si ripresentò dopo l’attacco a New York e Washington dell’11 settembre 2001. C’erano buone probabilità che Saddam avesse le armi chimiche ancora intatte e pronte all’uso. E c’era soprattutto un’ottima probabilità che le potesse cedere ad Al Qaeda per lanciare un attacco devastante sugli Stati Uniti. Di fronte a questa possibilità, corroborata dall’intelligence di mezzo mondo (Italia compresa), Bush decise di attaccare l’Iraq. In quelle condizioni di estremo pericolo, era meglio non correre il rischio di un attacco chimico. Nessun presidente avrebbe potuto agire altrimenti, in quelle circostanze. Poi si disse che le armi chimiche non c’erano e che l’attacco all’Iraq era tutto sbagliato. Oppure si disse che quella delle armi chimiche era solo una scusa per attaccare Saddam. Ci fu praticamente un’unica voce in controtendenza, la testimonianza del generale d’aviazione iracheno George Sada, il quale affermò che le armi chimiche c’erano, ma erano state trasferite in Siria prima dell’invasione americana. George Sada non venne ascoltato quasi da nessuno. In ogni caso la sua testimonianza valse per ribadire che, almeno al momento dell’invasione, le armi chimiche non c’erano già più, quindi paradossalmente corroborò la tesi anti-Bush. Su questi argomenti di politica estera (e sulle perdite subite dagli americani in Iraq), Barack Obama ha condotto la sua campagna elettorale e l’ha vinta nel 2008. Ma adesso, allora, come si spiega l’allarme per la conquista di Muthanna da parte dell’Isis?
Muthanna venne effettivamente ispezionata dall’Iraq Study Group, una commissione di esperti che valutò la situazione sul campo nell’immediato dopoguerra. Nel suo rapporto del 2004, l’Isg confermò che a Muthanna ci fossero vecchie armi chimiche, già deteriorate e non pronte all’uso, mentre gli impianti di produzione erano danneggiati dalle due guerre irachene (1991 e 2003) e avevano subito un forte logoramento nell’interregno fra le due, a causa delle sanzioni internazionali. Gli americani non lo ritennero un sito pericoloso, al punto che, nel 2011, al momento del ritiro dall’Iraq, lo lasciarono interamente nelle mani della sicurezza irachena. Allora non sospettavano neppure che, di lì a meno di tre anni, sarebbe potuto finire nelle mani di un esercito jihadista. Tuttora, per bocca della portavoce del dipartimento di Stato, Jen Psaki, gli Usa ribadiscono che il pericolo è molto limitato. Tuttavia l’allarme resta, perché l’Isis ha la possibilità teorica di rimettere in piedi l’arsenale che vi ha trovato. Potrebbe renderlo di nuovo operativo, nella disgraziata ipotesi che, fra i suoi ranghi, si trovino anche ex ufficiali e tecnici dell’esercito di Saddam Hussein. Cosa più che plausibile, considerando che un esponente di spicco dell’Isis era un ex generale di Saddam.
Il rischio che armi chimiche funzionanti finiscano nelle mani dei terroristi è dunque considerato molto basso, ma non nullo. Se il pericolo è considerato esistente ancora oggi, figuriamoci quanto fosse più alto ai tempi di Saddam, nel 2003, quando c’era ancora un esercito regolare, con un suo apparato logistico intatto e reparti dediti allo stoccaggio di armi chimiche. La non lieta scoperta di questi giorni, insomma, dovrebbe servire a giustificare le scelte fondamentali di George W. Bush. Se decise di invadere l’Iraq, una ragione c’era. Il ritornello “in Iraq non c’erano armi chimiche” continua e continuerà ad essere di moda in tutti gli ambienti politici, accademici, giornalistici. L’amministrazione Obama non ha alcun interesse a smentirlo, così come non lo ha nessuno fra i numerosi giornalisti e professori che, su questa convinzione, si sono costruiti una carriera. Ma, obiettivamente, quanto è fondato? Almeno un dubbio dovrebbe venire, no?