Purity

Si dovrebbe dire il peccato, ma non il peccatore. Ma lui sa già come la pensiamo in merito. E siamo sicuri che non proverà troppo fastidio. Non ci addentriamo nel terreno minato dell’economia, perché Mario ne sa certamente più di noi. Ma ci preme fargli notare soltanto due piccoli particolari che emergono dalla sua ultima intemerata anti-GOP.

1) Non avevamo bisogno di Niall Ferguson per accorgerci di quanto fosse caduto in basso Newsweek. Per la copertina dedicata qualche settimana prima a Mitt Romney, però, non ci è sembrato di sentire nessuno lamentarsi. Eppure l’operazione politico-editoriale, in quel caso, era ancora più squallida. Una cosa è il fact-checking debole. Un’altra cosa è la propaganda elettorale basata sul nulla.

2) Da buoni libertarian, è molto semplice – e in larga parte anche corretto – ricordare la critica di Murray Rothbard alla Reaganomics. Sarebbe bene, però, se proprio ci si vuole avventurare sull’impervio sentiero della purezza ideologica, applicare lo stesso metodo a 360 gradi. Di fronte a certi personaggi (e non sono pochi) – che negli ultimi mesi hanno sfiorato (e contaminato?) associazioni in cui opera un buon numero di libertari italiani, cosa bisognerebbe dire (e scrivere)? È davvero corretto andare a fare le puci al Gipper, quando ci si potrebbe sbizzarrire con bersagli così vistosi, invitanti e soprattutto vicini? Il rischio, come sempre, è quello di diventare vittime dell’eterna maledizione giacobina: per quanto uno sia puro, c’è sempre uno più puro che ti epura.

UPDATE. Mario risponde, su Phastidio.net, a noi e Dario. Nel merito, però, risponde poco. Non spiega perché la “cover story” anti-Obama di Newsweek gli ha provocato tanto ribrezzo ma quella anti-Romney non l’ha neppure commentata. E soprattutto non spiega il suo accanimento contro Reagan e contro il budget proposto da Paul Ryan, specialmente se messo a confronto con il trattamento di riguardo da lui sempre riservato a Obama. Dall’11 agosto ad oggi, sul suo blog, al tag “Stati Uniti” si possono trovare cinque post: due contro Ryan, due contro Ferguson e uno contro Romney. L’ultimo post con tag “Barack Obama“, invece, risale a gennaio. Ed è, tutto sommato, neutrale. Mario, ovviamente, sul suo blog può scrivere quello che gli pare (e contro chi gli pare). Noi continueremo a leggerlo con l’interesse di sempre. Ma non possiamo non notare questo bizzarro squilibrio statistico. E invitarlo a seguire la politica americana con spirito ed occhi sgombri da pregiudizi, senza farsi influenzare troppo dai Newsweek e dai NYT di turno. Altrimenti rischia di fare la nostra fine: ormai schiavi di Sarah Palin e di quella vast right-wing conspiration che va da Todd Akin ad Arnold Schwarzenegger.

p.s. Su una cosa concordiamo con Mario: l’accostamento tra il Gipper e il maggiordomo Tulliani è ingeneroso per «l’uomo che ha fatto la storia degli Stati Uniti». Perché, allora, non occuparsi più sistematicamente della politica economica obamiana? Eppure, dalle truffe della “green economy” ai successi del “cap and trade” ce ne sarebbe da scrivere…

UPDATE/2. Finalmente Mario, in un update al suo post, risponde nel merito. E ufficializza il suo endorsement per Barack Obama, «perché è il minore dei mali ed il soggetto più fiscalmente conservatore oggi tra i candidati alla presidenza». Questo è già un segno di chiarezza. Poi, naturalmente, qui non siamo d’accordo né sulla caricatura del GOP causata dalla troppa lettura di mainstream media né sulla favoletta del presidente moderato ostaggio degli estremisti. Nell’America di Obama i food stamps non sono «stabilizzatori automatici», ma voto di scambio. E Solyndra, da sola, non basterà a devastare il bilancio federale ma la dice lunga sulla fine ingloriosa del sogno obamiano. Battere sistematicamente i record di spesa pubblica in ogni anno fiscale, insomma, non è esattamente il miglior biglietto da visita per un fiscal conservative in incognito. Pur da «supporter» per niente «esterni», apprezziamo però la nota metodologica («In God we trust, all others must bring data»). A patto che i “dati” non siano selezionati soltanto tra quelli utili a sostenere le proprie tesi. Altrimenti non ci resta che Newsweek.

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