Bluffington Post

Brutto come la versione americana. Partigiano come la versione americana. Fintamente web-oriented come la versione americana. L’Huffington Post tricolore può essere considerato una novità in tema di comunicazione solo in Italia. Nel resto del mondo, probabilmente, l’avrebbero cestinato come una copia mal riuscita dell’originale, dopo poco più di cinque minuti.

Il direttore. Ma andiamo con ordine. A dirigere il “nuovo” giornale on-line c’è finita Lucia Annunziata. Classe 1950,  giornalista old style: è stata a Il Manifesto,La Repubblica, Il Corriere della Sera, Rai Tre, Tg3, ApBiscom,La Stampa. E’ stata anche Presidente della Rai, nel 2003. Il suo rapporto con il web, come potete ben immaginare, nasce e finisce nel suosmartphone. E, infatti, il primo numero – oltre ad essere graficamente inguardabile – è mainstream che più mainstream non si può. Intervista a Silvio Berlusconi (toh, rieccolo!) prontamente inviata a tutte le agenzie e notizie dall’alto profilo culturale, che non guastano mai. Così, grazie all’Huffington italiano, adesso potete leggere frasi pro-Obama scritte nel grano (dagli alieni?), siete consci che il nuovo sparring partner di Benedetto XVI si chiama Lady Gaga e, soprattutto, a Gennaio non prendete impegni perché c’è Max Giusti in prima serata. E ci siamo fermati all’homepage.

Nell’editoriale,la Lucia nazionale, dà il meglio di sé: “è maturo il tempo – scandisce stentorea –  per aprire uno spazio pubblico di confronto e scontro che includa la massima diversità – di opinioni politiche, di status sociale, di genere, di classe, di fede”. E a fare tutto questo sono arrivati 189 blogger che hanno deciso di combattere questa battaglia di pluralismo al fianco di una testata che arriva in Italia con soli sette anni di ritardo rispetto alla matrice a stelle e strisce.

I bloggers.  Ma chi sono questi duecento pensatori delle estrazioni più varie che, da soli e come per magia, sono in grado di confrontarsi e scontrarsi praticamente su ogni tema? I primi nomi svelati lasciano poco spazio all’immaginazione. C’è il giornalista de L’Espresso Giovanni Tizian, il deputato del Pd Paola Concia, il segretario generale della Fiom Maurizio Landini e non poteva mancare l’attivista No-Tav (e fondatore del centro sociale torinese “marxista-leninista” Askaatasuna). Ovviamente mica è una cosa a senso unico. A rappresentare il centrodestra hanno chiamato Giulio Tremonti e per dimostrare di saper ascoltare la rete ci hanno infilato Michela Antonia Montevecchi, professione grillina.  Però l’Annunziata è sicura di aver garantito il pluralismo. Tanto che riesce a scrivere: c’è pure una suora. Buonanotte. Anzi: amen.

L’Espresso. Ovviamente presentare questo portale come la rivoluzione della comunicazione di casa nostra è una sciocchezza grande almeno quanto le aspettative che questo sbarco ha suscitato. L’Huffington italiano nasce con un marchio ben preciso, quello del Gruppo Espresso, che vuol dire Carlo De Benedetti, che vuol dire tessera numero 1 del Partito Democratico. E, aggiungiamo, significa anche: Repubblica, Scalfari, Ezio Mauro, Saviano, National Geographic, 28 testate locali, Radio Deejay, Radio Capital e qualcos’altro che certamente sto dimenticando. Come detto sopra: più mainstream di così c’è solo una trasmissione di Rai Tre, con un giornalista che ha mezz’ora di tempo per intervistare un ospite e fingere di essere imparziale.

 

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