L’impresa impossibile di Trump. 3/ Michigan Set24

Tags

Related Posts

Share This

L’impresa impossibile di Trump. 3/ Michigan

“The fact that Trump has narrowed the lead by 50 percent since june should have everybody screaming bloody murder. We don’t have a minute to lose on this”. Michael Moore, il noto documentarista ultra liberal, con queste dichiarazioni fa suonare un campanello d’allarme in vista delle elezioni presidenziali nel “suo” Michigan. Sottolinea come, nei sondaggi, ci sia stato un recupero impressionante di Trump nei confronti di Biden (al momento la media dei sondaggi dice +6,5% Biden), tanto da aver dimezzato il distacco. Ovviamente, dal suo punto di vista, la situazione è molto preoccupante, anche perché nel 2016 è stato uno dei pochissimi a pronosticare la vittoria di Trump su Hillary Clinton in Michigan e, adesso, prende atto di come negli ultimi 4 anni i democratici non sembrano aver mutato l’approccio alla campagna elettorale presidenziale.

 

La conformazione del Michigan è particolare, infatti è l’unico stato costituito da due penisole. Quella inferiore ha la forma di un guanto da baseball. La penisola superiore (spesso chiamata semplicemente “Up”) è separata da quella sottostante dallo stretto di Mackinac, un canale di 8 km che unisce il lago Huron al lago Michigan. Il ponte Mackinac le collega tra loro. Il Michigan può vantare la costa d’acqua dolce più lunga del mondo, essendo delimitata da quattro dei cinque Grandi Laghi, più il Lago Saint Clair.

Il nome dello Stato deriva dalla parola Ojibwe (nativi americani) “mishigami”, che significa “grande acqua” o “grande lago”. Con una popolazione di circa 10 milioni, il Michigan è il decimo Stato più popoloso dei 50 degli Stati Uniti; l’undicesimo per area più estesa e il più grande per area a est del fiume Mississippi. La sua capitale è Lansing, mentre la sua città più grande (e celebre) è Detroit, che fa parte tra le zone metropolitane più popolose degli USA.

 

Il Michigan è anche lo stato che ha dato i natali al Partito repubblicano così come lo conosciamo oggi. La prima vera convention si è tenuta il 6 luglio del 1854 nella città di Jackson, un centinaio di chilometri a ovest di Detroit. Gli scissionisti democratici del Midwest si schierano contro l’espansione della schiavitù nei nuovi territori e annunciarono la presentazione di candidati propri, sotto le insegne di un partito che chiamarono Repubblicano. Non è un caso che qui il GOP vinca fino alla Grande Depressione.

 

Nella penisola inferiore, quella a forma di guantone da baseball, nel sud-est, troviamo l’area urbana di Detroit, nella contea di Wayne. Poi Ann Arbor e l’Università del Michigan nella Washtenaw county e quella di Macomb ed Oakland. In questo lembo di terra si concentrano le opportunità di vittoria (o di sconfitta…) di Donald J. Trump.

Nel 2008 l’ex presidente Obama ha vinto il Michigan con uno scarto su Romney di 450.000 voti (9,5%), mentre, in maniera totalmente inaspettata, nel 2016 Trump ha vinto sulla Clinton per poco più di 10.000 preferenze (47,3% a 47) conquistando così i 16 grandi elettori. Come ha fatto a guadagnare così tante preferenze?

Esaminando i dati della contea di Wayne, quella più densamente popolata (che è risultata essere sempre di un blu intenso), si può constatare un discreto trend positivo per Trump. Nel 2012 Obama vinse qui con il 73,1% (!), portando a casa 595.253 voti, mentre Romney prese il 26,2% (213.586 voti). Nel 2016 la Clinton il 66,4%, 519.444 voti (-75.000), Trump invece il 29,3%, 228.993 preferenze (+15.000). La comunità afroamericana è il 38,7% nella contea e, a Detroit, il 78,6%; evidentemente non ha supportato quanto avrebbe potuto Hillary Clinton, ma potrebbe serrare le fila per Joe Biden. Molto probabilmente questo accadrà e  non è assolutamente una buona notizia per il Presidente in carica…

Nella confinante contea di Washtenaw, invece, lo score è rimasto nella media del 2012 (+8000 voti per la Clinton rispetto ad Obama, -6.000 per Trump rispetto a Romney), molto probabilmente perché la comunità universitaria ha inciso in egual misura sull’esito del voto rispetto alla tornata precedente.

Nelle contee di Oakland e Macomb (entrambe fanno parte dell’area metropolitana di Detroit), si possono notare alcune variazioni interessanti. Non tanto nella prima, dove i dati sono rimasti praticamente invariati (-6.000 voti per la Clinton, rispetto ad Obama; -7.000 per Trump, rispetto a Romney), quanto nella seconda nella quale c’è stato un cambio radicale dell’orientamento politico. Infatti nel 2012, nella contea di Macomb, Obama prese il 51,6% (207.992 voti), mentre Romney il 47,6% (191.896 voti). Nel 2016 le posizioni dei candidati si sono completamente invertite: Trump 53,6% (224.665 voti; +17.000); Clinton 42% (176.317 voti; -31.000).

Vincere in questa contea con quasi 48.000 voti di distacco, ha fatto riemergere una vecchia “categoria” di elettori molto particolare, che negli anni ’80 qui spopolava: i “Reagan Democrats”. Nella contea di Macomb ritroviamo quindi un anello di congiunzione ideale, che ci riporta al meccanismo che ha determinato uno spostamento dell’elettorato dei “white blue collar” in direzione del GOP anche in altri Stati del Midwest. Ma nel Michigan il sindacato è molto forte e condiziona in maniera determinante l’esito del voto.

Nello specifico, il sindacato dei lavoratori nel comparto automobilistico del Michigan (United Auto Workers) si è schierato dalla parte di Joe Biden, anche perché lo supportano da 47 lunghi anni: “Come sapete, la UAW è stata la prima a sostenere Biden quando si è candidato al Senato”, ha dichiarato Ray Curry, segretario-tesoriere del sindacato, durante un comizio a Warren, un paio di settimane fa. “Biden è un vecchio amico del sindacato e per questo motivo siamo qui ad appoggiare la sua candidatura”.

Biden durante lo stesso comizio, si è invece concentrato a rimarcare le responsabilità dell’amministrazione Trump sulla gestione del coronavirus: “Trump ha mentito sulla minaccia (il virus n.d.r.) che rappresentava per il Paese per mesi. Sapeva quanto fosse pericoloso. Mentre questa malattia mortale ha dilaniato la nazione, non è riuscito a fare il suo lavoro…Questa è una recessione creata dalla negligenza di Donald Trump e lui non è idoneo per questo lavoro”. Da queste ultime dichiarazioni del candidato democratico alla Casa Bianca, emergono le problematiche del Presidente in questa zona. Infatti, le morti per Covid19 nella sola contea di Macomb sono state il 14% di tutto il Michigan. Dal febbraio al luglio 2020, si è poi passati dal 3,6% di disoccupazione al’8,7. Non è difficile immaginare come questo malessere possa essere decisivo nella competizione elettorale.

Nel tentativo democratico di assicurarsi il risultato alle prossime elezioni presidenziali di novembre, c’è da registrare anche l’impegno profuso dalla vice nel ticket con Biden, Kamala Harris (Michael Moore si sentirà sollevato?). Quest’ultima si è recata di persona a Detroit, nel tentativo di mobilitare la comunità afroamericana (come abbiamo visto, un incremento del voto di questa comunità nella contea di Wayne potrebbe essere decisiva per la vittoria) e così di spingerli a recarsi in massa alle urne.

“Sanno che quando votiamo, le cose cambiano. Quindi non lasciamo che nessuno ci tolga il potere”, ha detto la Harris a Detroit. “Le elezioni sono tra 42 giorni. Il Michigan inizierà a votare tra 48 ore e il risultato di queste elezioni determinerà, credo, il corso del nostro paese per le generazioni a venire”. Kamala Harris successivamente ha chiacchierato, nel suo tour di pochi giorni fa in Michigan, con i proprietari afroamericani di tre attività a Flint, nella contea di Genesee. Salutandoli e fermandosi poi a parlare con i suoi sostenitori ha detto che: “Non ci mancano buone idee (intende agli afroamericani n.d.r.) e non ci manca lo spirito imprenditoriale”. La scelta di soffermarsi a Genesee, non è casuale. In questa contea che si trova nel centro sud-est della penisola inferiore del Michigan, Obama ha vinto nel 2012 con il 63,6%  (128.972 voti), mentre la Clinton con il 52% (102.751); Trump ha raccolto il 42,6% (84.175 voti) nel 2016, rispetto al 35,4% di Romney (71.807). Lo score recita quindi un -26.000 preferenze per i democratici e un +12.000 per il GOP. Portare alle urne gli afroamericani nella contea di Genesse, dove sono il 20,3% della popolazione (solamente a Flint il 53,7%…) è determinante ai fini dell’esito finale.

Nelle contee del centro e nord del “guantone”, da Saginaw, a Bay, da Isabella a Manistee, quasi tutte si sono colorate di rosso in maniera uniforme aumentandone la tonalità. Inoltre la Clinton è andata sotto le aspettative nelle contee con un gran numero di millennial. In cinque contee con il maggior numero di residenti in età universitaria (Washtenaw, Ingham, Kalamazoo, Isabella e Marquette), Obama aveva ottenuto 173.362 voti nel 2012, rispetto ai 123.155 della Clinton. Probabilmente democratici ancor più left oriented, che alle primarie del partito dell’asinello hanno votato per Bernie Sanders, ma non si sono fidati della Clinton. Nel 2020 questi voti potrebbero rientrare, favorendo ancor di più Joe Biden e Kamala Harris.

Spostandoci nell’Up del Michigan, ci troviamo nella zona meno densamente popolata, che già tendenzialmente votava per il GOP ad eccezione della contea di Marquette. Quest’ultima è stata repubblicana in modo continuativo da dopo la guerra civile americana; i suoi elettori diventarono repubblicani in ogni elezione dal 1876 al 1932. Tuttavia, ciò cambiò nel 1936. Da allora il candidato repubblicano ha portato la contea in sole 5 elezioni su 21 (fino al 2016). In 48 delle altre 83 contee del Michigan, Trump ha ottenuto almeno il 60% dei voti. E in sei di esse (Hillsdale, Kalkaska, Missaukee, Montmorency, Oscoda e Sanilac) ha ottenuto più del 70% dei voti. Qualora si replicassero questi ottimi risultati per Trump, saranno sufficienti a fermare l’onda blu dell’area metropolitana di Detroit che sembrerebbe essere tornata ad essere molto temibile? Anche in questa occasione, verificheremo con attenzione durante l’election day.

468 ad