L’impresa impossibile di Trump. 4/ Arizona Ott03

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L’impresa impossibile di Trump. 4/ Arizona

“Io e Joe non siamo sempre d’accordo su tutto e so che lui e John hanno avuto certamente alcune discussioni appassionate, ma è un uomo buono e onesto. Ci guiderà con dignità. Sarà un comandante in capo da cui dipenderanno le migliori forze armate nella storia del mondo…lui sa che vuol dire mandare un figlio a combattere”. Parole e musica di Cindy McCain, vedova del candidato presidente repubblicano nel 2008, ed ex senatore, John McCain. “Sto guardando cosa sta succedendo e sono profondamente preoccupata. Voglio sentire che il mio presidente si prenda cura di me e si preoccupi per questo Paese. E Joe Biden lo farà. Conosco Joe da oltre 40 anni e conosco il tipo di uomo che è”. L’endorsement è di quelli che contano, in uno Stato dove John McCain è stato senatore per 31 anni. “Spero di poter incoraggiare le donne che vivono nelle zone suburbane a dare un’altra occhiata alla campagna di Biden”, ha aggiunto la vedova McCain, “specialmente quelle che sono scontente di quello che sta succedendo in questo momento negli Stati Uniti, ma non sono ancora convinte di voltare pagina e votare per Joe”. Questo è il primo degli ostacoli sul percorso del Presidente Trump, nel riconfermare gli 11 grandi elettori dello Stato.

Nelle prime tre puntate di questo speciale on the road sulle presidenziali 2020, ho cercato di esaminare, nella maniera più oggettiva possibile, la situazione di tre Stati del Midwest: Minnesota, Pennsylvania e Michigan. È giunto il momento di prendersi una pausa (in quella zona ci tornerò nelle prossime settimane) e spostarsi nel “South” degli Stati Uniti. Più precisamente nel South-western all’interno dei “Four Corners”. Quindi, cari lettori di The Right Nation, benvenuti in Arizona.

48° e ultimo degli Stati “continentali” ad essere ammesso nell’Unione (penultimo e ultimo degli Stati annessi sono, rispettivamente, Alaska e Hawaii che però non sono collegati direttamente al territorio USA), l’Arizona ha ottenuto l’annessione il 14 febbraio 1912. Storicamente faceva parte del territorio dell’Alta California nella Nuova Spagna, diventando poi terreno del Messico indipendente nel 1821. Dopo essere stato sconfitto durante nella guerra messicano-americana, il Messico cedette gran parte di questo territorio agli Stati Uniti nel 1848. La parte meridionale dello Stato fu poi acquisita nel 1853 tramite l’Acquisto Gadsden. Il sud dell’Arizona è noto per il suo clima desertico, con estati molto calde e inverni miti. Nella parte settentrionale, invece, ci sono foreste di pini, abeti Douglas e abeti rossi; l’altopiano del Colorado, catene montuose (come le montagne di San Francisco ), oltre a canyon ampi e profondi.

La politica dell’Arizona è dominata da una lunga rivalità tra le sue due contee più grandi, Maricopa e Pima, nelle quali troviamo rispettivamente Phoenix e Tucson. Le due contee hanno quasi il 75% della popolazione dello Stato e hanno espresso quasi l’80% dei voti. La contea di Maricopa ospita quasi il 60% della popolazione dell’Arizona e la maggior parte dei funzionari eletti dello stato vive lì. Il “Grand Canyon State” ha votato repubblicano in tutte le elezioni presidenziali dal 1948. Barry Goldwater nel 1964 non avrebbe conquistato il suo Stato d’origine senza il margine di 20.000 voti nella contea di Maricopa. Anche John McCain (che ha vinto l’Arizona di otto punti percentuali nel 2008), non avrebbe potuto aggiudicarsi lo Stato senza il margine di 130.000 voti nella contea.

Al contrario, la contea di Pima, sede di Tucson (ma anche la maggior parte dell’Arizona meridionale), ha storicamente votato più democratico, mentre i sobborghi di Tucson sono repubblicani, anche se di un tendenza più moderata rispetto a quelli dell’area di Phoenix. Ma è nella contea di Maricopa che troviamo il secondo problema di Trump in vista delle prossime elezioni presidenziali di novembre.

Infatti, qui, nel 2012 Romney vinse con il 55,1% (680.089 preferenze), mentre Obama raccolse il 43,2% (532.284), con una differenza di quasi 150.000 voti in linea con la “tradizione” repubblicana della contea e dello Stato (Romney ha vinto l’Arizona con 11 punti in più rispetto ad Obama).  E nel 2016? Trump che ha vinto sulla Clinton in Arizona solamente di 3 punti e mezzo percentuali, si è aggiudicato la contea di Maricopa stentando, con il 47,7% (747.361 voti), rispetto al 44,8% (702.907) della Clinton. In quattro anni per il GOP, nella contea, + 67.000 voti; per i democratici +170.000 voti!  La Clinton poi, a livello statale, ha migliorato drasticamente lo score rispetto agli ultimi quattro candidati democratici alla presidenza: 2000, Al Gore -11%; 2004 Kerry -14%; 2008 Obama -11%; 2012 Obama -11%. E, in particolare, è diventata il primo candidato presidenziale del partito dell’asinello dal 1960, a fare meglio nella contea di Maricopa rispetto al resto dello Stato (dove ha perso di 5 punti). Che sta succedendo quindi?

Sono anni che si parla di una tendenza a colorare di blu la contea e, di conseguenza, tutta l’Arizona, a causa di un lento ed inesorabile cambiamento nel corpo elettorale. Nella fattispecie la migrazione continua dalla California di lavoratori stagionali (e non solo), e l’aumento degli elettori latini. Infatti, assieme alle piccole minoranze di afroamericani e nativi americani dello Stato, i latinoamericani costituiscono la base elettorale democratica. Nel 2016, un’analisi accurata del voto, ha stimato che la Clinton si è aggiudicata più dell’80% dei voti latini in Arizona. E secondo un’analisi del Center for American Progress , la quota di latinoamericani che si è recata alle urne è aumentata dal 37% del 2012, al 42% del 2016.  In più la popolazione latina dell’Arizona è in continuo aumento, essendo passata dal 25 al 31,7% nel giro di circa vent’anni. Detto questo, la quota della popolazione bianca è ancora la più alta, attualmente si attesta al 54,1%.

Molto probabilmente la retorica utilizzata da Trump sulla costruzione del muro al confine con il Messico durante la campagna per le elezioni presidenziali del 2016 e l’intransigente dottrina attuata poi dal Presidente in carica sull’immigrazione clandestina, ha irrigidito un elettorato che, seppur schierato in maggioranza dalla parte democratica, in passato non si è mai spinta a votare “blu” fino a queste percentuali così plebiscitarie. “Trump non può perdere la contea di Maricopa per più di un punto o due e avere la speranza di vincere…”, ha detto Chuck Coughlin, uno stratega repubblicano dello Stato, lanciando un grido d’allarme nelle ultime settimane di campagna sul territorio.

Analizzando poi le elezioni di midterm del 2018, nelle quali l’Arizona ha eletto un senatore al posto del repubblicano Jeff Flake, i dati per Trump e il partito repubblicano non sono migliorati affatto. La candidata del GOP, l’ex colonnello dell’aeronautica militare Martha McSally (prima donna nella storia USA a volare in combattimento) ha gareggiato contro la democratica (ex green party) Kyrsten Sinema, in un derby rosa che avrebbe consentito in ogni caso di eleggere la prima donna dell’Arizona al Senato. Ebbene, osservando i numeri, quello che balza subito agli occhi è che la contea di Maricopa ha votato per il 51% la candidata dei democrat (732.761 voti) e per il 47% (672.505 preferenze) la McSally. Vinta la Maricopa, Sinema ha di conseguenza vinto l’intero Arizona. Lo ha fatto con il 50% (1.191.100 voti), rispetto al 47,6% (1.135.200) della McSally. A novembre, quest’ultima, gareggerà nuovamente in una competizone per l’elezione del secondo scranno del Senato disponibile in Arizona (ha stravinto le primarie repubblicane con il 75%), contro Mark Kelly astronauta della Nasa, il quale secondo i sondaggi è il super favorito. E pensare che dal 1988 in Arizona non si eleggeva un democratico al Senato…

Nel 2018, in verità, si è votato anche per eleggere il Governatore dello Stato, la sfida è stata tra il governatore uscente Doug Ducey per il GOP e il democratico David Garcia. In questo caso la vittoria del candidato repubblicano è stata netta (56% a 42%) e nella contea di Maricopa ha vinto con quasi 200.000 voti di scarto. La sensazione quindi è che oltre alla migrazione dalla California, l’esponenziale aumento demografico dei latinos nella popolazione dello Stato, il voto espresso sia indirizzato sia al partito che al candidato.

Thomas Volgy, professore di scienze politiche presso l’Università dell’Arizona, ha aggiunto a questi fattori che stanno contribuendo al cambiamento politico in Arizona, la pandemia da Covid19 che è il terzo grande problema in Arizona per il Presidente in carica: “Non c’è assolutamente alcun dubbio che questo sia vero, ha ridotto significativamente la base di Trump, sia in termini di elettori anziani che in termini di famiglie suburbane”. Volgy ha aggiunto che ad agosto: “siamo stati tra il secondo Stato per malati e il terzo in termini di morti. Questo ha fatto arrabbiare un numero enorme di persone in termini di gestione del coronavirus”. La pandemia COVID-19 ha anche colpito i tassi di disoccupazione negli Stati Uniti e in Arizona. Il tasso di disoccupazione dell’Arizona è aumentato tra marzo e aprile 2020, dal 4,5% al 13,4%. Da allora la disoccupazione è scesa al 10% nel giugno 2020. I casi di coronavirus sono aumentati dopo che il governatore dell’Arizona, Doug Ducey, ha spinto per riaprire lo Stato a maggio. A giugno, l’Arizona però ha registrato il più alto tasso di infezione del Paese. Dopo l’aumento dei casi, Ducey è stato costretto a richiudere bar e palestre e ha ritardato la riapertura di tutte le aule agli studenti in Arizona fino al 17 agosto.

La recente positività al Covid 19 del Presidente Trump e della Firt Lady Melania, non fa che rimarcare la pericolosità di questo virus ed evidenzia come non si possa sottovalutare la minaccia ancora presente in maniera massiccia negli States.

In conclusione, dopo aver elencato quelli che sono i 3 grandi problemi di Trump in Arizona, non mi resta che constatare che quello che fino a pochi anni fa veniva considerato un feudo inespugnabile del GOP, rischia seriamente di cambiare “colore”, premiando così il ticket democratico Biden-Harris. Non ci resta che seguire l’esito ufficiale il 3 novembre prossimo…

 

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